Molti si chiedono come mai questa seconda ondata, da un punto di vista psicologico, venga vissuta con un carico emotivo più negativo, in parte ce la aspettavamo e quindi dovevamo essere pronti. Eppure forse non lo eravamo così tanto.
Questa nuova ondata pandemica sembra stia generando una maggior ansia nelle persone che appaiono più stanche mentalmente anche perché la situazione che stiamo vivendo si protrae ormai da mesi.
Accanto a questo aumenta la sensazione di impotenza e di immobilità: molti sentono di poter fare ben poco se non proteggersi mettendo in atto tutte le misure necessarie e aspettare che il vaccino venga prodotto e distribuito su scala mondiale. Si respira una vera e propria aria di incertezza.
Nei primi mesi vissuti a inizio 2019 (Febbraio/Marzo) si è stati colpiti da una sorta di ansia da contagio e quindi la paura principale era proprio quella di essere colpiti e contagiati da un qualcosa che era molto più sconosciuto di quanto sia ora.
Successivamente, nei mesi di lockdown (Marzo/Aprile/Maggio) si è sperimentata l’ansia da reclusione.
Quando si è potuto nuovamente uscire molti hanno sperimentato ansia, legata alla specifica “sindrome della capanna” e quindi paradossalmente al fatto di ricominciare a uscire da quella che era percepita come la propria “prigione”. Le ricerche condotte dai Dipartimenti di Salute Mentale infatti hanno mostrato come circa un milione di persone hanno avuto grosse difficoltà a riprendere a condurre la propria vita, quella precedente i mesi di lockdown.
Ad oggi è presente una nuova attivazione ansiosa: si prova una sorta di ansia da limbo. Un numero sempre maggiore di persone sperimenta situazioni “di sospensione”: ad esempio molti sono in attesa di fare il test e non sanno se sono positive o negative; altre persone ancora sono in quarantena; altre ancora aspettano di fare il tampone dopo aver passato la quarantena come positivi; altri ancora continuano ormai ad essere positivi al Covid-19 da settimane.
L’ansia da limbo può essere paragonata all’ansia provata nel momento in cui viene diagnosticata una malattia, come un tumore: è quindi la stessa ansia provata nel momento di attesa del referto o di visite particolari o di iniziare le cure stesse.
C’è però una differenza in questa particolare ansia da limbo: in questo caso essa è incrementata dal clamore mediatico, dall’assenza di un vaccino e dall’assenza di un vero e proprio trattamento specifico per le persone positive al Covid-19.
Un altro sentimento provato ora è quello di rassegnazione, provo a spiegarmi meglio.
L’estate trascorsa da un po’ ci ha permesso, in parte, di dimenticare i mesi appena passati: ha svolto, purtroppo o per fortuna, una funzione di oblio.
I mesi estivi, infatti, hanno permesso di spostare nel dimenticatoio, forse anche usando una modalità negativa, gli eventi e le emozioni provate.
Inoltre da un punto di vista mentale ci si sente solo all’inizio dell’inverno e questo spaventa ancora di più: la sensazione di infinitezza è maggiore rispetto a quella provata a Marzo/Aprile dove l’estate sembrava essere più facilmente “dietro l’angolo.”
Sta emergendo sempre di più un timore dell’Altro e quindi della socialità: paradossalmente siamo animali sociali e abbiamo bisogno dell’altro, eppure l’Altro ora è percepito come pericoloso in quanto possibile fonte di contagio.
Si percepisce anche molta rabbia, si pensi ad esempio alle numerose proteste di piazza.
Inoltre la sensazione di “non essere più tutti sulla stessa barca” genera maggiore confusione e rabbia, pensiamo ad esempio a come, a seconda del colore della propria regione di riferimento, alcune categorie professionali possono lavorare e altre no.
Infine un altro dato significativo è legato al fatto che tutti noi abbiamo vissuto un trauma collettivo: un trauma è considerato un evento di fronte al quale un soggetto si percepisce impotente e percepisce in pericolo la propria integrità fisica e/o psicologica.
Molti hanno infatti subito lutti importanti, altri hanno vissuto forti perdite economiche, altri ancora hanno visto riemergere vecchie fatiche e fragilità.
Solitamente nei periodi immediatamente successivi a un evento traumatico si riesce a reagire attivando le proprie risorse. Il disagio maggiore si verifica, invece, nei mesi successivi che rappresentano una sorte di cuscinetto per ripristinare le proprie risorse fisiche/psichiche e mentali. In questi mesi, come gli animali, abbiamo la necessità di leccarci le ferite e questo non ci è stato concesso perché la seconda ondata si è verificata a breve distanza dalla prima: i tagli, molto profondi per alcuni e meno per altri, non hanno avuto il tempo materiale per rimarginarsi.
Come ci si può comportare?
1) È necessario provare a non isolarsi andando a comunicare con chi si ama in modi alternativi.
2) Si può chiedere aiuto se il livello di malessere diventa invalidante.
3) Limitare i momenti dedicati all’informazione a 2/3 momenti giornalieri ben definiti e scegliere sempre le stesse testate giornalistiche o gli stessi programmi o gli stessi siti dai quali informarsi.
4) Evitare gli stimoli potenzialmente ansiogeni la sera e comunque prima di dormire.
5) Scegliere attività rilassanti nei momenti serali, da luci più soffuse a film divertenti.
6) Provare a mettere in atto la respirazione quadrata che consiste nell’inspirare profondamente dal naso per 4 secondi; trattenere il respiro per circa 4 secondi e, infine, espirare dalla bocca contando sempre per 4 secondi.
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