Ancora oggi viene spesso negata l’idea di avere un disturbo, qualsiasi esso sia e in molti casi la decisione di andare dallo psicologo e di iniziare un percorso di supporto non è così immediata e spontanea.
Molte persone soffrono di un disturbo d’ansia o di un disturbo depressivo e tra le prime cose che si pensa sia più utile fare è rivolgersi a un medico per farsi prescrivere, solitamente, dei farmaci contro l’ansia o contro la depressione; spesso si conoscono già i nomi di molte di quelle gocce e di quelle pillole “fantastiche.”
Certo i farmaci, molto velocemente, cancellano il problema e permettono di ritrovare un equilibrio psicofisico che si credeva ormai perduto; io stessa non sono contraria all’uso dei medicinali tuttavia le ricerche mostrano che gli psicofarmaci hanno efficacia a lungo termine SOLO se accompagnati da un trattamento psicoterapeutico che permette di lavorare sulle cause che sorreggono il sintomo ansioso o depressivo. Se ciò non viene fatto spesso, una volta che la persona interrompe i farmaci, i sintomi tendono purtroppo a ripresentarsi.
Detto questo, spesso la domanda che ci si pone è: perché oggi così tante persone soffrono di un disturbo di questo tipo.
Anche in questa tipologia di problematiche, come in molte altre, c’è sicuramente una componente genetica che aumenta la vulnerabilità a sviluppare sintomi ansiosi o depressivi.
Affianco a una predisposizione biologica, ci sono componenti legate maggiormente a cause situazionali.
Innanzitutto si pensi che chi si sente più solo, chi sente di non avere accanto a sé persone con cui fidarsi e a cui affidarsi ha la tendenza a sentirsi più triste, più depresso e ansioso.
Inoltre nonostante da una parte la tecnologia e i Social ci permettono di entrare in un contatto con un numero esuberante di persone, dall’altra parte in queste interazioni virtuali siamo comunque più soli: siamo ovunque contemporaneamente, ma in nessun posto veramente.
Molte delle persone che seguo mi dicono: “finalmente ho qualcuno con cui parlare” oppure “ho bisogno di venire qui perché ho bisogno di parlare”, queste affermazioni danno l’idea del senso di solitudine che ciascuno può portare dentro sé stesso.
Inoltre i Social ci bombardano di immagini di “altri” felici e soddisfatti delle loro vite, sempre impegnati in qualche viaggio o evento straordinario: questa apparente felicità in realtà alimenta, senza che noi ne siamo pienamente consapevoli, la nostra insoddisfazione.
Un’altra motivazione potrebbe essere legata alla sensazione di non avere alcun controllo su quanto accade nella propria vita, ad esempio sul luogo di lavoro la percezione che la gestione delle proprie attività sia in mano di altri e che noi siamo solo degli operai delle azioni pensate da altri spesso porta a sentirsi come meri burattini che svolgono il lavoro di altri.
Anche sentire che i propri bisogni psicologici di stima e di riconoscimento non vengono soddisfatti porta a sviluppare ansia e/o depressione: questi bisogni psicologici sono spesso legati al desiderio che la propria vita abbia un senso, alla percezione che si sta costruendo qualcosa attraverso il proprio vivere e che non si è semplicemente dei “parassiti.”
Se si parte da questi presupposti si può osservare come certo gli psicofarmaci permettano magari un miglioramento immediato ma al tempo stesso, essendo le cause altre e non solo legate a fondamenti biologici, un supporto terapeutico consentirà alla persona di sentirsi capita, compresa, accolta; permetterà di percepire che il proprio dolore e la propria ansia hanno un senso, un significato e non rappresentano esclusivamente dei sintomi di “un uomo pazzo.”
Un supporto terapeutico consentirà di aiutare la persona a comprendere le cause nascoste e profonde del proprio malessere.
Spesso chi si sente depresso o ansioso crede di avere in sé una parte che non funziona bene, crede di essere difettoso e di dover cercare in ogni modo di aggiustare quel pezzo rotto come si farebbe con un qualsiasi oggetto. In realtà non è così, credo non sia nemmeno giusto a livello di autostima percepirsi come un oggetto con un limite ma penso sia importante modificare il proprio modo di pensare e iniziare a viversi come persone i cui bisogni e i cui desideri più profondi non sono stati accolti e ascoltati.
La depressione e l’ansia e in realtà qualsiasi disturbo di cui si soffre non devono essere pensati esclusivamente come una parte rotta di sé stessi bensì come un segnale del corpo, un corpo parlante che sta semplicemente dicendo che in quel particolare momento della propria vita, c’è qualcosa o più cose che non vanno e che ci fanno stare male e quindi devono essere risolte.
A volte, semplicemente, basta continuare a vedersi come un essere umano che soffre e non come un pazzo o come una persona debole e chiedere aiuto per ritrovare l’equilibrio psicofisico perso.
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