Nella relazione terapeutica che si instaura tra una persona e il suo analista entrano in gioco molte dinamiche e molti fattori.
In primis mi verrebbe da sottolineare che avere a che fare con uno psicologo significa entrare in relazione con un altro essere umano con le sue caratteristiche di personalità e i suoi modi di fare che possono sia essere fastidiosi per qualcuno che essere piacevoli per qualcun altro, come in qualsiasi altra relazione “umana” nella quale si entra in contatto.
Quindi per rispondere alla domanda “quale è lo psicologo giusto per me?” consiglio innanzitutto di scegliere un terapista con il quale “a pelle” ci si trova a proprio agio: a volte può capitare di provare due/tre psicologi prima di trovare quello con cui ci si sente meglio.
Inoltre un ulteriore consiglio è quello di scegliere uno psicologo che non abbia un atteggiamento giudicante nei vostri confronti e che non sia interessato esclusivamente a trovare una diagnosi al vostro problema ma anzi una persona che sappia ascoltarvi in modo empatico e che vi aiuti a esplorare le vostre sofferenze e anche, magari, le cose più profonde di voi e delle quali vi potete anche vergognare, prendendovi per mano e accompagnandovi in questo viaggio.
Non dimenticate che esistono diversi approcci, ad esempio vi sono gli approcci psicoanalitici come il mio o i metodi che si basano su teorie cognitivo-comportamentali o ancora approcci sistemici, e questo non significa che uno sia migliore di altri ma al contrario io credo che un bravo analista debba essere in grado di prendere spunto da ogni approccio e far proprie le caratteristiche “migliori” di ciascuno.
Questo è il mio modo di pensare, diverso da quello di un altro psicologo ancora che invece, magari, preferisce focalizzarsi lavorando solo attraverso un singolo approccio.
Credo, però, che per trovarsi bene con uno psicologo sia importante trovarsi bene anche con il suo modo di lavorare. Una volta un’amica mi ha raccontato di essere andata da un analista e di aver passato un’intera ora in un silenzio angosciante in quanto quest’ultimo era rimasto zitto per quasi tutto il tempo mentre lei non sapeva cosa dire e cosa fare e sentiva l’ansia crescere dentro di sé.
Il metodo usato da quell’analista non era né giusto né sbagliato in assoluto, semplicemente non andava bene per la persona che era quella mia amica.
Come trovare uno psicologo?
Innanzitutto cercate di capire perché volete iniziare un percorso di terapia proprio in questo momento della vostra vita; su cosa vorreste lavorare; cosa vorreste ottenere tramite un percorso psicologico e cosa vi aspettate dal vostro psicologo.
Mi rendo conto che, in alcuni casi, rispondere a queste domande o ad alcune di esse risulta essere piuttosto difficile e crea dentro di sé una sensazione di confusione e ansia; in questi casi, quindi, sarebbe utile rivolgersi a uno psicologo per iniziare un percorso di consulenza psicologica il cui obbiettivo è, attraverso 5/6 incontri, proprio quello di definire insieme il problema che state vivendo in quel momento, cosa si vorrebbe ottenere per il proprio futuro, su cosa si vorrebbe lavorare e in che modo.
Un percorso di consultazione psicologica diventa quindi una specie di percorso guida che vi conduce nel “mondo” della psicologia aiutandovi a comprendere un po’ meglio questo universo spesso sconosciuto.
Accade anche sovente che non si sappia come fare per trovare uno psicologo: nelle strutture pubbliche le liste di attesa sono molto lunghe e non sempre si conoscono delle persone che possono raccomandare un bravo professionista.
Si può quindi cercare su Internet quali sono le organizzazioni che, nella vostra città, hanno questo tipo di professionisti oppure si può andare sul sito dell’albo degli psicologi della vostra regione al cui interno c’è una lista di tutti i professionisti presenti, nella vostra regione appunto, con l’indicazione, per ciascuno, del comune nel quale operano.
Un altro modo è quello di cercare su Internet: oggi molti professionisti hanno siti internet e blog nei quali oltre a scrivere articoli, si presentano e spiegano le esperienze che hanno fatto.
Una volta scelto un professionista credo sia opportuno sottolineare che è vostro diritto fargli delle domande sia inerenti alla parte più accademica, magari chiedendo il percorso di formazione intrapreso, sia inerenti alla dimensione più personale.
Lo psicologo se da un lato vi risponderà sicuramente alle domande connesse alla sua formazione, dall’altro lato sceglierà se rispondere o meno alle domande più personali.
Una volta una mia paziente, una giovane mamma sposata, mi chiese se ero sposata e se avevo dei figli: non vi dirò cosa risposi perché credo che la risposta, laddove venga data, debba essere spiegata e discussa all’interno del percorso di terapia che si sta facendo; ma vi dirò che per quella mamma, più che i miei titoli accademici, era importante potermi percepire come una persona come un’altra, magari come lei, e non solo come una professionista della salute mentale.
Accade infatti che il paziente parlando di sé si apra su tematiche molto personali e quindi credo sia umano e legittimo che voglia avere, a propria volta, l’opportunità di chiedere al proprio psicologo chi sia.
In conclusione posso affermare che un percorso di terapia è un cammino fatto insieme in cui lo psicologo non è una persona onnisciente che possiede la verità circa la vita delle persone ma un professionista, certo, che costruisce insieme alla persona stessa quel cammino di terapia.
Potrebbe richiedere diversi tentativi trovare l’analista giusto per voi ma questo potrebbe portarvi a cambiare la vostra vita.
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