Fermarsi ad ascoltarsi
Viviamo da sempre vite estremamente frenetiche: riusciamo a malapena ad incastrare gli impegni lavorativi, lo sport a cui molti di noi si dedicano, i figli da crescere, le attività che i nostri bimbi fanno e gli incontri con gli amici.
Da un giorno all’altro ci siamo ritrovati chiusi in casa a convivere h24 con noi stessi e con i nostri familiari con un’estrema difficoltà non solo nel riuscire a prenderci i nostri spazi ma anche con un’enorme fatica a sentire i propri pensieri e le proprie emozioni che invadono le nostre menti senza che noi possiamo fare niente per allontanarle, come magari avremmo fatto in passato.
Ecco che stare con noi stessi diventa stare con le nostre parti dalle quali non si può più fuggire: spesso attraverso il lavoro o attraverso lo sport o incontrando gli amici siamo riusciti a mettere a tacere quelle parti.
Purtroppo quando i propri pensieri e le proprie emozioni vengono messe costantemente a tacere, questi si ripresentano nei momenti per noi meno opportuni, spesso quando siamo anche più vulnerabili e quindi nelle situazioni per noi più difficili.
Ecco che iniziare ad ascoltare i nostri bisogni non è così facile perché non siamo allenati nel riuscirci: ora questa situazione di obbligo e necessità ci costringe a imparare a farlo e forse ci obbliga ad apprenderlo anche abbastanza velocemente.
Come possiamo fare?
Innanzitutto diventa fondamentale verbalizzare e dare spazio alle proprie emozioni soprattutto se negative e soprattutto se intense affinché non emergano in maniera disfunzionale.
Parlare di qualcosa che ci accade e ci riguarda ci permette di essere personalmente centrati su di noi e su quello che proviamo; ricentrandosi si riuscirà, nel tempo, a differenziare noi stessi e le nostre emozioni da quelle delle persone che ci circondano. Questo ci risulterà molto utile in diverse situazioni, ad esempio durante un conflitto con il partner ci aiuterà a differenziare ciò che è il nostro pensiero e le nostre emozioni da quelle del nostro partner permettendo così di dialogare più chiaramente sulle varie posizioni.
Si richiede quindi di fare uno sforzo consapevole per diventare più consapevoli del nostro mondo interiore.
Continuo a ripetere che è importante stare e rimanere in quei momenti di maggior sofferenza e fatica perché dobbiamo lasciare che l’emozione più negativa decanti e si scarichi e questo ci consente di osservarci alla fine e di vedere che siamo ancora “integri”, che siamo appunto sopravvissuti a quel particolare momento di tristezza.
A volte capita anche che in quei momenti si trovano soluzioni alle situazioni che elicitano quelle particolari emozioni: la percezione di questo non è immediato e rimanere in quei momenti di dolore, sofferenza e vuoto può essere molto faticoso e complesso. Inoltre fare questo lavoro da soli è ancora più difficile, a volte è più opportuno farlo insieme a uno psicologo che può guidare in questo percorso.
Dobbiamo quindi riallenarci in questo lavoro che forse dovrebbe essere molto più naturale; se ci fermiamo un attimo a riflettere possiamo notare che le emozioni, anche quelle più negative, hanno sempre fatto parte di noi, sono fisiologiche e le abbiamo da quando siamo nati. Perché allora un giorno ci svegliamo e ci rendiamo conto di fare di tutto, di impegnarci in qualsiasi attività possibile e inimmaginabile per non entrarci in contatto?
Forse perché una volta siamo rimasti spaventati da quel dolore perché troppo intenso, forse perché abbiamo paura di esserne distrutti o forse perché non siamo mai stati abituati a parlarne e ciò di cui non si parla, spaventa molto di più.
È un lavoro possibile e che possiamo recuperare: fermarsi e ascoltarsi; fermarsi e riscoprirsi; anche perché quando si ascoltano e si riscoprono le parti meno piacevoli di noi, l’elaborazione e la consapevolezza delle stesse permette di riscoprire anche risorse che forse nemmeno credevamo di avere.
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