Oggigiorno stanno aumentando sempre di più i casi di separazione e le conseguenti richieste di divorzio; se di per sé questo passaggio risulta essere, nella maggior parte dei casi, molto difficile e doloroso per i due coniugi, la situazione è ancora più delicata se sono presenti dei minori.
Perché il divorzio è così difficile da accettare?
Il divorzio, spesso, è difficile da accettare per chi si trova ad affrontarlo per diverse ragioni legate a questioni economiche e concrete (ad esempio la divisione della casa e il trasferimento da parte di uno dei due partner) ma anche a tematiche più simboliche ed emotive.
Infatti da parte degli ex-coniugi deve essere operata un’elaborazione del lutto, dove tuttavia l’altro non è morto. La morte è appunto soltanto simbolica: deve, quindi, essere elaborato il lutto circa la relazione sentimentale ormai terminata e circa le aspettative di vita create con quella particolare persona.
Questo compito è ancora più difficile se sono presenti dei bambini perché entrambi i partner devono essere in grado di operare un disinvestimento libidico del partner come oggetto del desiderio non solo per poter creare nuovi legami erotici ma anche per riuscire a re – investire l’altro esclusivamente come membro della coppia genitoriale.
Ovvero entrambi i genitori devono riuscire nel difficilissimo compito di non vedersi più come partner senza però che venga intaccato il loro ruolo nella coppia genitoriale e senza, quindi, che la relazione del figlio con entrambi i genitori venga modificata.
La coppia deve quindi riuscire ad elaborare la perdita del legame matrimoniale e la conseguente separazione matrimoniale ma al tempo stesso preservare la continuità della coppia genitoriale: il loro legame non può essere cancellato ma deve essere mantenuto e trasformato.
Entrambi i genitori dovrebbero riuscire a superare la propria dimensione narcisista data da frasi come “non voglio vederlo e sentirlo” e da una svalutazione e squalificazione costante del partner sia come persona che come genitore stesso, per il benessere psico-fisico del proprio figlio.
È possibile farcela da soli?
Molti genitori arrivano da me con questa domanda: io credo che trovare una risposta che possa essere generalizzata sia estremamente difficile.
Credo anche che il momento della separazione prima e del divorzio successivamente sia una fase molto delicata in cui forse, a prescindere, potrebbe essere utile farsi aiutare da un professionista, come appunto uno psicologo, che aiuti a superare, facendo sentire forse anche un po’ meno soli, questo periodo stressante e doloroso al tempo stesso.
Credo che, soprattutto in questa fase, il rischio da parte di un genitore di agire rischiando di provocare dolore al proprio figlio sia molto elevato: con questo non voglio dire che ciò venga fatto di proposito, ma semplicemente che il genitore stesso è, molto probabilmente, più fragile e quindi a rischio di attuare comportamenti disfunzionali nella relazione con un figlio.
Uno dei rischi maggiori è porre i propri figli in quello che viene comunemente chiamato il conflitto di lealtà: ovvero si tratta di situazioni in cui i bambini non esprimono i propri bisogni a causa della conflittualità dei genitori.
I bisogni di cui sto parlando possono anche essere i più semplici da immaginare: ricordo questa ragazzina di appena 13 anni che piangendo mi diceva che avrebbe tanto desiderato andare a trovare la sua mamma in ospedale che aveva appena partorito, ma temeva in questo modo di far soffrire il suo papà che avrebbe pensato che voleva più bene a lei piuttosto che a lui.
I bambini arrivano a temere, quindi, che laddove esprimano i propri desideri, andrebbero a tradire uno o l’altro genitore e, conseguentemente, ne perderebbero anche l’affetto.
Per questi motivi, spesso inconsapevoli da parte dei genitori già mentalmente e concretamente impegnati nelle dolorose pratiche della separazione e del divorzio, un aiuto psicologico potrebbe aiutarli ad alleggerire la tensione emotiva che stanno vivendo e magari evitare proprio il rischio che i figli si trasformino in oggetti contesi.
Ho seguito per un anno circa una coppia genitoriale in fase di divorzio che, senza rendersene conto, era esclusivamente concentrata sull’ottenere che la figlia rimanesse da uno, piuttosto che dall’altro, un numero maggiori di notti. In tutto questo conflitto, però, i due genitori avevano perso di vista, per un attimo, la loro stessa bambina.
Ecco che in questo senso uno psicologo credo che abbia due importanti funzioni: una trasformativa (aiutare quindi i genitori a mitigare la conflittualità) e una di sostegno alla genitorialità.
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